La Prima del Teatro alla Scala in TV

La Prima del Teatro alla Scala in TV

Una noia mortale.
Intendiamoci: mai sentite tutte queste voci inarrivabili insieme. E l’orchestra, che orchestra: perfetta è dire poco. Ma hanno sorretto tutto loro.

Si parte già male con Milly Carlucci e Bruno Vespa, grandi professionisti per carità: ma in un’operazione che, come questa, si preannunciava di rottura con il passato, già sembrava di aver sbagliato canale e ti aspettavi Costantino della Gherardesca vestito da mozzarella entrare in spaccata dietro Chailly.

L’inserviente iniziale finta, le considerazioni banali, gli attori che ti escono quando meno te li aspetti: uno ti assale in mezzo al corridoio, un altro ti tende un agguato vicino alla toilette, un altro ancora parla col busto di Verdi e poi si gira di botto guardandoti male che tu dici Oddio che ho fatto, tranquillo, respira, va-tut-to-be-ne.

Un attimo di contemporaneità finalmente non tanto con Bolle (sempre e comunque divAIne) quanto con il tentato impasto tra Davide Boosta Dileo e Satie: che però non monta, non c’è legame, il soufflè insomma non cresce, resta attaccato alla teglia.

Tante, troppe le citazioni senza linea tra di loro: non a caso su Domingo si gioca tutta la partita buonista e partono alle spalle videowall di Falcone, Borsellino, Gandhi, Mandela, mancava solo Padre Pio.Il sermone finale di Davide Livermore conclude uno spettacolo francamente didascalico che non ha slancio, un minestrone di lusso della lirica insomma.

E mentre la Carlucci e Vespa in stato di congelamento avanzato ci salutano dall’esterno del Teatro, sento forte il profumo di un’occasione persa.

Ah no, sono le crêpes che bruciano.

Tiziana Tentoni